Le lenti progressive o multifocali permettono la visione a diverse distanze -normalmente dalla distanza di lettura, 30-40 cm, a quella lontana teoricamente infinita-, e sono indirizzate alle persone presbiti.
Si definisce come presbite chi non riesce più a mettere a fuoco alle distanze ravvicinate, indipendentemente dal difetto visivo che ha. Questo accade a causa di un progressivo invecchiamento del cristallino , che modificando la sua
forma in base alla distanza a cui si guarda funge da ‘lente positiva naturale’ consentendo la messa a fuoco.
Il processo accomodativo cosiddetto è più complesso di così; in questa sede è sufficiente capire che quando il cristallino perde la sua capacità di aumentare e ridurre il suo volume, la sua funzione di lente positiva deve essere sostituita da una lente artificiale. Questa lente ha un determinato valore che dipende dalla funzionalità residua del cristallino: supposto che sia monofocale , consente la messa a fuoco precisa ad un’unica distanza.
Finché il cristallino mantiene una certa elasticità, questa è quindi sufficiente a mettere a fuoco a distanze anche un po’ maggiori di quella focale. Quando questo perde ogni possibilità di gonfiarsi, allora con la lente monofocale sarà possibile vedere bene solo alla distanza da essa consentita. Si rende così necessario l’utilizzo di lenti a potenza mano a mano inferiore, per mettere a fuoco a distanze crescenti.
Le lenti progressive assolvono questo compito: sono costruite in modo che la potenza positiva aumenti gradualmente ed impercettibilmente dall’alto verso il basso. Partendo da una prescrizione oculistica od optometrica che indichi la correzione per lontano e quella per vicino, si definiscono gli ‘estremi’ della lente. Pensando di avere un occhiale addosso con tale lente (figura 2), possiamo immaginare come essa funzioni: siamo in piedi e stiamo guardando lontano.
Tenendo la testa ferma in quella posizione e spostando gli occhi verso il basso si potrà perciò mettere a fuoco oggetti posti a distanze sempre più vicine a noi. L’incremento del potere diottrico crea un particolare disegno a clessidra nella lente ( figura 1) : attraverso di essa la visione è nitida alle diverse distanze; al suo
esterno (ai lati della lente) la visione è sfocata per via di astigmatismi obliqui creati dal variare della curvatura della lente. La larghezza della clessidra è descritta dal teorema di Minkwitz : in sostanza, più alta è la gradazione e soprattutto la variazione di potere tra lontano e vicino (addizione), più stretta sarà la clessidra e di conseguenza maggiori gli effetti disturbanti laterali.
Attraverso la ricerca e quindi l’innovazione delle tecnologie di costruzione, le aziende riescono oggi a minimizzare questi effetti nelle loro lenti più evolute. Questo significa indossare una lente che non abbia quel fastidioso ‘effetto
ondeggiamento’ che crea disturbi nel movimento. Esistono molte tipologie diverse di lenti, e non tutte sono costruite sfruttando ogni nuova tecnologia disponibile; sono lenti più semplici, ma che garantiscono comunque una qualità visiva più che discreta. La scelta della più idonea viene fatta dall’ottico, che ha come primo compito quello di analizzare prescrizione, stile di vita e condizioni lavorative della persona che ha davanti per consigliare la soluzione visiva adatta (non necessariamente progressiva).
Per ogni lente multifocale vengono rilevati dei parametri di centratura fondamentali, che servono a montare la lente nella posizione corretta, per garantirne la funzionalità. Questi sono la distanza tra gli occhi, l’altezza del centro
pupillare rispetto al bordo inferiore della montatura e la postura della persona quando legge; questa ultima rilevazione è utile per determinare il posizionamento della zona per vicino. Più la lente è complessa, maggiori saranno i parametri che serviranno a costruirla; per questo la maggior parte delle case produttrici affiancano l’innovazione delle lenti ad una serie di strumenti ed applicazioni che ne facilitino il centraggio, e lo rendano più preciso.
In negozio disponiamo di due centratori e due applicazioni per il centraggio, che scegliamo in base al tipo di lente da costruire.
Ad oggi si possono realizzare lenti personalizzate su misura : significa che una tale lente costruita per una persona, non potrebbe essere portata da un’altra che avesse identica gradazione e montatura.
Possiamo pensare a queste lenti come ad uno schermo costituito da minuscoli pixel: minore è la loro dimensione, maggiore è la risoluzione dello schermo e quindi la qualità dell’immagine. Significa che si può ottimizzare il potere della lente in ogni punto: così non solo si riesce a personalizzare il canale di progressione (figura 1, in blu) in base alla postura ed al piano di lettura, ma è possibile ampliarne la superficie e perfezionarne la zona intermedia. Quest’ultima è adibita alla visione a distanze comprese tra 50/60 cm ed i 100/150 cm: computer, cruscotto della macchina, attività in cucina ed in generale il lavoro d’ufficio. Perciò, nell’era digitale in cui viviamo risulta particolarmente importante incrementare la funzionalità di quella che normalmente è la zona più stretta del campo visivo utile (canale di progressione).
Nonostante queste migliorie, ci sono alcune persone per le quali diventa difficile utilizzare per svariate ore al giorno la zona intermedia della lente; si tratta principalmente di persone che lavorano in ufficio, la cui distanza media di
lavoro è tra i 30 ed i 200 cm. La postazione di lavoro media spesso penalizza ulteriormente l’utilizzo della lente (figura 3, sinistra); il limite superiore dello schermo dovrebbe essere al di sotto della linea di sguardo della persona
(figura 3, destra), per permettere alla testa di muoversi il meno possibile nel passaggio dalla visione lontana, intermedia (computer) e vicina (foglio).
Per questo sono state inventate le lenti office , ossia ‘da ufficio’, chiamate anche indoor. Queste lenti a profondità di campo hanno un funzionamento simile a quello di una lente progressiva, ma partono da un concetto costruttivo diverso: si pensa cioè di sviluppare la lente partendo dalla gradazione per vicino, diminuendone il potere positivo dalla parte bassa a quella alta. Si potrebbe pensare che sia le descrizione ‘al contrario’ della lente multifocale, se non fosse che questa digressione di potenza non arriva a coprire l’intera differenza tra lontano e vicino. Ossia, nella parte alta della lente avremo una gradazione tale da consentire la visione alla distanza intermedia.
Nell’immagine a lato vediamo una schematizzazione che può aiutare a capire la differenza che c’è tra una lente progressiva ed una da ufficio. Essendo quest’ultima una lente con minor variazione di potere lungo il canale di progressione, l’ampiezza del campo visivo (colorato nella figura) sarà maggiore di quella della lente progressiva. Ciò significa che sarà più facile da utilizzare, e consente a chi la porta di tenere la testa in posizione confortevole anche davanti a schermi di pc grandi e
posizionati davanti al viso.
Si può scegliere tra lenti con digressioni diverse in base alla distanza alla quale una persona ha bisogno di vedere: solitamente si sceglie una digressione che permetta la visione a distanze non superiori ai 2-2,5 metri. Infatti la lente deve essere confortevolmente utilizzata a distanze ravvicinate, perché sia di effettivo aiuto a chi le sfrutta per diverse ore al giorno.
Attraverso la prescrizione delle lenti da vista, le personali esigenze lavorative e delle prove pratiche in negozio, sapremo consigliarvi la soluzione adatta.